“In punta di...penna”
Elmetto e tacchi a spillo.
Un (´) interprete in ambito tecnico
Delia Di Canosa _ 9 Aprile, 2020
Dite la verità, quando pensate a un interprete simultaneo, si materializza davanti ai vostri occhi l’immagine di Nicole Kidman nel palazzo di vetro delle Nazioni unite? Oppure ripensate alla stimatissima Olga Fernando, che ci ha affascinati su Canale 5 al fianco dei più belli (e delle più belle) del cinema hollywoodiano? Chi non ha mai chiuso gli occhi, trasognato, ascoltando la voce del brillante Paolo Maria Noseda mentre interpreta i pensieri dei più illustri autori, registi, cantanti e personalità di spicco della scena mondiale a “Che tempo che fa”?
Sappiamo tutti che i sogni di bambino finiscono per scontrarsi con l’indulgenza della realtà e che, probabilmente, se non fosse così saremmo diventati tutti prime ballerine, astronauti o Freddie Mercury.
Anche io ho dovuto ampliare i miei orizzonti lavorativi e adattarmi alle richieste del mercato, ma mai avrei immaginato che un(‘) interprete potesse essere una figura così versatile e duttile.
Una cosa ancora più destabilizzante? Ho imparato la differenza tra chiave a brugola, chiave esagonale, chiave fissa e chiave Torx svolgendo il mio lavoro, e non aiutando mio fratello nei lavori di bricolage.
Da piccola, immaginavo l’interprete come una figura eterea che svolazzava da un paese all’altro, trascinando dietro di sé una valigia di piccole dimensioni contenente il minimo indispensabile per un paio di giornate di lavoro in cabina: un nécessaire, un paio di camicette, un blazer casual e un paio di scarpe con tacco 50 cm, dal profilo sobrio ma alla moda.
Negli anni, ho scoperto che un(‘)interprete non viaggia mai leggero/a.
Nella borsa, che una donna tende già a riempire all’inverosimile, si uniscono caramelle per la gola per raucedine fulminante, aspirina e tachipirina per il caso in cui si dovesse scatenare una pandemia improvvisa, cerotti di pronto-intervento in caso di tagli dovuti ad un utensile affilato e sgrassatore perché, non si sa mai, si potrebbe essere investiti da uno spruzzo proditorio di olio idraulico.
Se pensate che stia facendo ironia, vi devo deludere. Tutto questo è successo per davvero! E se state storcendo il naso, all’idea di una donna che vi parli di meccanica applicata alla linguistica, vi dimostrerò che non c’è binomio più calzante di quello donna-tecnologia.
Per iniziare, ho stilato un decalogo di regole d’oro da tenere presenti, quando si opera in ambito tecnico. Sembreranno banali, ma ritengo che siano spesso sottovalutate:
Ecco le prime tre:
Regola n.1 dell’interprete tecnico:
Mai indossare vestiti chiari, durante un corso di formazione che si tiene vicino a una macchina utensili. Altrimenti perché credete che i vestiti da lavoro siano scuri?
Regola n.2 dell’interprete tecnico:
Tacchi si, purché siano comodi.
Non potete prevedere se il committente deciderà di improvvisare una visita dell’impianto.
Regola n. 3 dell’interprete tecnico:
Scaricate il tool interpretbank sul cellulare.
Non sempre avrete accesso al glossario salvato sul pc.
Siete curiosi di scoprire come interpretare un corso di formazione tenuto su una sorgente laser, indossando degli occhiali di protezione completamente appannati e sussurrando al cliente arrampicato sulla macchina?
Seguitemi nel mio prossimo articolo!
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